Sempre nelle vicinanze di Bikaner troviamo un posto molto
singolare, Royal Cenotaphs: una serie di piccoli mausolei o monumenti funerari
di nobili e relative mogli e concubine. Ma più che per i personaggi sepolti è
interessante per le strutture edificate di marmo bianco e sabbia arenaria.
Ti fermi poi e guardi a distanza e trovi le eoliche per ricordarti che c’è la
tradizione ma anche uno sviluppo in questa nazione magica e piena di leggende.
Il sacro e il profano!
Un’altra tappa finita, ora ci spostiamo verso Bikaner, ma
sulla strada andiamo a cercare il Karni Mata Temple (il temio dedicato ai
ratti) a Deshnock.
Tutto iniziò con Karni Mata, che visse nel XIV secolo e fece
alcuni miracoli, ma quando il suo figlio minore Lakhan mori affogato, chiese al
dio della morte Yama di riportarlo in vita. Yama disse che non poteva farlo a
differenza di Karni Mata in quanto rincarnazione di Durga. La dea compì
prontamente il prodigio di riportare in vita il ragazzo e decretò che la
famiglia di Mata non sarebbero più morti ma tutti reincarnati sotto forma di
Kaba (topi).
Per gli indiani è un onore anche solo condividere del cibo
con questi animaletti non tanto amati in occidente, comunque saranno magici in
quanto non si sono mai avuti problemi di malattie per i visitatori. Noi siamo
entrati più o meno verso mezzogiorno. All’interno senti l’odore di dolciume
cotto dal sole e anche di escrementi. Meno male potevamo stare con i calzini
perché anche se sono una persona abbastanza alla buona e non mi faccio
problemi ad andare scalza qui mi faceva veramente senso. Come al solito si
devono lasciare le scarpe fuori e quindi alla uscita ci sarà l’indiano in
attesa della sua mancia. Anche per fare foto all’interno si deve pagare 30
rupie per portare dentro la macchina.
Io ho preso tutto il coraggio che avevo e mi sono seduta
vicina a questi roditori per una foto memorabile che ancora oggi guardo con
stupore.
Dopo esserci ripresi dal ratto arriviamo alla cittadina di
Bikaner a visitare il Junagah Fort, costruito da Raja Rai Singh sovrano di
Bikaner e guarda caso generale dell’imperatore Akbar. Come tutti i forti in
India anche questo è imponente e interessante da visitare. Anche qui tra sale
per le udienze pubbliche e quelle private, si vede lo sfarzo delle stanze
finemente decorate (c’è anche del vetro di murano). Ma la parte più
interessante è il Gaj Mandir ovvero gli appartamenti privati del Maharaja Singh
e delle sue mogli predilette (solo per queste sale ci sono voluti 3
architetti). La stanza principale è adornata con tappetti antichi di 100 anni e
porte in legno lavorate tutto a mano con letto in mezzo e dietro un piccolo
corridoio con altre stanze più piccole per le consorte. Anche qui troviamo
corridoi con minuscole finestre sempre per dare visione alle consorti senza
essere viste.
All’interno del forte troviamo anche un particolare, un
ascensore elettrico del 1914 e delle foto di Paitela Buperdersing che ha
avuto 365 moglie 400 figlie e solo un figlio maschio (quando si dice che la
perseveranza paga).
Alla fine si arriva al piano terra dove c’è anche un piccolo
aereo e un trono con i due leopardi imbalsamati con sguardi un spaventosi.
Qui è stato interessante vedere i mezzi trasporto utilizzati per portare sia il
mahraja sempre in vista e le consorti invece chiuse in speciali scatole più o
meno spesse a seconda della stagionalità. Io mi sarei sentita un pollo
arrosto. Anche qui l’entrata per turisti è di 300 rupie e la cosa curiosa
è che intere famiglie di indiani ci chiedevano di farci le foto insieme, ci
siamo sentiti molto vip.
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